Mark Solms e Oliver Turnbull

Il cervello e il mondo interno

Raffaello Cortina Editore, Milano 2004

cap. 6 - Sogni e allucinazioni

Il capitolo 6, dedicato ai sogni e alle allucinazioni, è di particolare interesse nella prospettiva neuropsicanalitica. L’importanza estrema accordata ai sogni da Freud è ben nota. La sua teoria ha subito però un attacco demolitivo a partire dalle ricerche di M. Jouvet orientate a stabilire le strutture cerebrali generatrici del sogno, le quali: “mostrarono che, indipendentemente dalle speculazioni che possono essere fatte sulla funzione del sonno REM, quest'ultimo trova i suoi elementi fondanti causali in strutture del tronco encefalico pontino. Tale risultato condusse a conseguenze di enorme portata: poiché il prosencefalo viene considerato come la sede principale di tutte le nostre funzioni mentali superiori, questi primi studiosi conclusero che il sonno REM (che, rammentiamo, viene in questo contesto fatto coincidere con il sognare) era un'attività che poteva essere svolta del tutto senza il coinvolgimento della mente, ovvero "amentale" (mindless). Questa scoperta fece sì che ogni teoria psicologica sulla causalità dei sogni (inclusa la teoria freudiana, secondo cui i sogni sono provocati da una spinta verso l'appagamento di desideri, quindi una spinta derivante da processi della mente) fosse seriamente messa in crisi. La seguente citazione è tratta da uno degli articoli che hanno avuto più peso nel campo:

Se accettiamo che il prosencefalo sia il substrato fisiologico della coscienza, questi fatti eliminano completamente ogni possibilità che vi sia un contributo delle idee (o dei loro substrati neurali) quale sorgente pulsionale primaria del processo del sogno. (Hobson, McCarley, 1977, p. 1338)

Il ruolo che hanno il ponte e le altre strutture adiacenti del tronco encefalico nel creare la coscienza "nucleare" (vedi il capitolo 3) non deve essere considerato incompatibile con l'affermazione che i sogni siano stati definiti "amentali", cioè come fenomeni che non richiedono l'intervento della mente. Nessuno nega che il sognare sia effettivamente uno stato della mente, o che si sia coscienti mentre si sogna. E' inoltre evidente che molti sogni sono esperienze intensamente emozionali. Sebbene non fosse stato ancora scoperto il ruolo del GPA (grigio periacqueduttale) nel generare gli stati emozionali, il ruolo della formazione reticolare nel generare la coscienza era invece all'epoca già noto. Che queste connessioni fossero più o meno conosciute era però irrilevante: questi primi ricercatori non contestavano, infatti, che i sogni in effetti prendessero la forma di esperienze coscienti cariche di emozioni; tuttavia, allo stesso tempo sostenevano che i sogni non dipendevano, cioè non erano causati, dal loro contenuto mentale.

I sogni, essi affermavano, sono causati da fenomeni che hanno origine nel ponte e che si attivano in modo del tutto automatico, più o meno ogni novanta minuti, senza che vi sia alcuna associazione con i contenuti mentali del sognatore. Poiché era noto che le altre strutture presenti nel tronco dell'encefalo sono deputate alla regolazione dei movimenti oculari, del battito cardiaco e del respiro, sembrava perfettamente congruente affermare che il sognare/REM non fosse altro che un diverso stato fisiologico di base. La funzione di questo orologio biologico situato nel ponte era (e rimane) sconosciuta; ma si suppose, forse con troppa sicurezza, che i sogni fossero un mero effetto collaterale (cioè un epifenomeno) di tali processi fisiologici causali.” (pp. 211-212)

Sulla base di ulteriori ricerche, Hobson e McCarley sono giunti poi ad una contestazione radicale della teoria freudiana:

“Due anni dopo la pubblicazione del lavoro contenente il modello dell'attivazione reciproca, Hobson e McCarley scrissero un secondo articolo che descriveva un secondo modello, questa volta incentrato non tanto sul sonno REM, ma, senza mezzi termini, sul sogno (Hobson, McCarley, 1977). Appariva un passo assolutamente logico estendere così il primo modello dal sonno REM al sogno, visto che questi due fenomeni erano tradizionalmente considerati la stessa cosa. I due chiamarono tale secondo schema il modello dell'attivazione-sintesi. In esso, la parte che chiama in causa l'attivazione sostiene (come ci si poteva aspettare dalle conclusioni del primo modello) che il sognare sia attivato da meccanismi colinergici situati nel tronco encefalico pontino. Come abbiamo avuto modo di dire in precedenza, quest'attivazione - che di fatto causerebbe il sognare - veniva inoltre considerata "neutra da un punto di vista motivazionale".

La parte successiva della teoria richiede l'introduzione nel modello del concetto di sintesi: il prosencefalo, una volta attivato, cerca di "mettere insieme come può" (di sintetizzare) le rappresentazioni consce senza significato (le immagini della memoria, dei pensieri e dei sentimenti) che vengono stimolate in modo del tutto disordinato dalle strutture sottostanti. Vediamo anche in questa parte del modello che il contributo del prosencefalo al processo appare secondario rispetto agli stimoli primari innescati nel tronco dell'encefalo: ne deriva pertanto la nozione che i sogni sarebbero solo derivati di superficie (epifenomeni, appunto) dello stato REM. Durante il REM, a livello del prosencefalo, le immagini sono attivate esattamente come accade nella condizione di veglia e come quando stanno svolgendosi esperienze esterne; il prosencefalo compirebbe, quindi, soltanto quelle che sono le operazioni a cui è particolarmente dedicato, cioè connettere tra loro le immagini oniriche in un episodio che rappresenti le relazioni tra il Sé e l'oggetto. Nella frase memorabile di Hobson e McCarley, il prosencefalo non può che "fare del suo meglio in una situazione difficile" durante il sonno REM, districandosi tra tutte le immagini "caotiche", a causa della natura della loro origine, che vengono trasmesse verso l'alto dal tronco encefalico, per poi cercare di creare un'esperienza dotata di un qualche significato (Hobson, McCarley, 1977, p. 1346). Freud aveva un'espressione calzante per questo tipo di teoria, che effettivamente esisteva, anche se a un livello puramente speculativo, già nel 1900, cioè ben prima dello sviluppo delle odierne neuroscienze. La locuzione è " Träume sind Schäume" (letteralmente, I sogni sono schiuma), che afferma, in sostanza, che "I sogni sono bugiardi" (Freud, 1899, p. 130).” (pp. 214-215)

Le conclusioni di Hobson e Mc Carley sono, però, risultate frettolose. Ulteriori ricerche hanno, infatti, dimostrato che l’origine causale dei sogni coinvolge le strutture cerebrali superiori:

“Sono state individuate due particolari regioni del prosencefalo che, se danneggiate, effettivamente impediscono il manifestarsi dei sogni. E' forse possibile identificare tra queste regioni il "generatore dello stato onirico", così a lungo cercato?

La prima di tali regioni è la zona di transizione tra la corteccia parietale, quella temporale e quella occipitale, nella parte posteriore del prosencefalo; ed è situata proprio al centro dell'unità funzionale per la ricezione, l'analisi e l'immagazzinamento delle informazioni. Le lesioni di quest'area (da uno qualsiasi dei due lati del cervello) producono una cessazione totale del sognare (l'estensione e l'ubicazione precisa di siffatte lesioni, tuttavia, è ancora da determinare: si veda Yu, 2003).

L'altra regione che ha tale prerogativa è quella relativa alla sostanza bianca limbica del quadrante ventromesiale dei lobi frontali. Un danno a questa zona del cervello (che, però, deve estendersi, in questo caso, a entrambi i lati del cervello simultaneamente) produce anch'esso una cessazione totale dell'attività onirica. Il danno ad altre parti del cervello causa modificazioni del sognare del tutto peculiari (quali, per esempio, un aumento della frequenza dei sogni, una maggiore incidenza di incubi, oppure un difetto della capacità di immaginazione visiva durante i sogni). Tutto ciò fa pensare che anche queste regioni facciano parte di un complesso "sistema funzionale" adibito alla generazione dei sogni. Le parti del cervello in questione comprendono l'intero sistema limbico (incluse anche quelle componenti dei lobi frontali e temporali che non rientrano nei sistemi "cognitivi superiori"), nonché la maggior parte del sistema visivo (esclusa la corteccia visiva primaria, o "di proiezione").” (pp. 225-226)

Il coinvolgimento dell’area ventromesiale frontale e del sistema limbico fa pensare ad un’intensa partecipazione del sistema di ricerca alla genesi del sogno:

“Ernest Hartmann ha condotto uno studio che può essere considerato una dimostrazione diretta dell'ipotesi che il sistema della dopamina mesocorticale-mesolimbica (il sistema di ricerca) sarebbe il "generatore primario" all'origine dei sogni (Hartmann et al., 1980). Egli somministrò l'L-dopa (o a seconda del soggetto, un placebo) a soggetti neurologicamente e psichiatricamente sani subito dopo il primo periodo REM. L'effetto fu immediato e drammatico: i soggetti che avevano ricevuto l'L-dopa sperimentarono un aumento significativo della frequenza, della vivacità, dell'intensità emozionale e della bizzarria dei loro sogni. La frequenza, la quantità media e la lunghezza dei loro periodi REM era, per contrasto, del tutto immodificata. Ciò fornì ulteriori riscontri dell'esistenza (sopra discussa) della dissociazione tra i sogni e il sonno REM; questo suggerisce inoltre che il sistema di ricerca dopaminergico possa essere a buona ragione considerato il "generatore primario" che stavamo cercando.`

Riassumendo, quando il sistema di ricerca risulta alterato, i pazienti perdono interesse per gli oggetti del mondo, cessa l'attività onirica e diminuiscono i sintomi psicotici positivi (cioè le allucinazioni e i deliri). Al capo opposto, quando il sistema viene stimolato, aumentano i livelli di energia, aumenta l'attività onirica e può insorgere una psicosi. Vi sono pertanto ampie aree di convergenza tra il sogno, la psicosi e le funzioni del sistema di ricerca." (p. 235)

Anche se si danno ancora lacune che la ricerca ulteriore dovrà colmare, Solms e Turnbull non esitano a giungere alle seguenti conclusioni:

“i sogni richiedono il superamento di una soglia di attivazione dei processi di base della coscienza nucleare. Se questa componente interna della coscienza non si attiva, non si genererà alcun sogno. Non sembra determinante quale sia lo stimolo particolare che innesca questa eccitazione (o innalzamento del livello di attivazione, arousal). Spesso, l'attivazione sufficiente viene raggiunta semplicemente dai residui dei pensieri della veglia, ancora presenti durante le fasi discendenti verso il sonno. Il motore d'innesco più efficace risulta essere lo stato REM, che fornisce una sorgente prolungata di attivazione che si presenta a intervalli regolari nel corso del sonno. AI momento del risveglio sono, invece, alcuni meccanismi ormonali ad attivare gradualmente il prosencefalo. Tutte queste modalità attivatorie stimolano (o "preparano all'azione"; prime) la coscienza: tale evento, pur essendo una precondizione necessaria per l'attività onirica, non rappresenta ancora il sognare stesso.

L'attivazione del sistema di ricerca, implementato dai sistemi motivazionali, che indirizzano il nostro interesse appetitivo verso il mondo degli oggetti, appare come il processo cruciale per l'inizio del sogno vero e proprio. E probabilmente più corretto affermare che uno stimolo eccitatorio innesca l'attività onirica vera e propria solo se esso riesce a stimolare un interesse di tipo appetitivo. Quàndo ciò accade, la sensazione soggettiva potrebbe essere descritta da affermazioni del tipo: "Cosa potrebbe essere questo? Voglio saperne di più".

L'attivazione del sistema di ricerca durante il sonno è generalmente, anche se non esclusivamente, avviata dallo stato REM. Presumibilmente, un qualsiasi processo di pensiero che si presenti durante una qualunque delle diverse fasi del sonno è in grado di attivare il sistema di ricerca. Tale pensiero può essere collegato a una memoria di tipo episodico del giorno precedente; ma potrebbe anche essere rappresentato solo dal residuo di una sensazione. Se il ricordo o il sentimento in questione attivano l'interesse del sistema di ricerca, allora si creerà la condizione sufficiente per incominciare il processo del sogno. Ciò spiega il fatto che, seppure la maggior parte dei sogni possa sopravvenire mentre ci si addormenta (oppure durante il sonno RE, m, o ancora poco prima del risveglio), è di fatto possibile sognare in quasi ogni momento della notte, perfino durante il sonno profondo ("Stadio 4"). Si ricordi, a tale proposito, che questi sogni non-REM sono indistinguibili dai sogni REM.

Quando si dorme non si può andare in giro a esplorare o a cercare ciò che suscita il nostro interesse da un punto di vista motivazionale. Tale tipo di comportamento non appare compatibile con il sonno, ed è questa probabilmente la ragione per cui sogniamo. Sembra assai ragionevole ipotizzare che il sogno interviene per sostituire un'azione finalizzata; in pratica, invece di fare qualcosa nel mondo reale, si incomincia a sognare. I lobi frontali (l'unità "d'azione" del cervello; vedi il capitolo 1) sono normalmente la "scena operativa" centrale dell'attività cognitiva vigile. Comunque, questo sistema è particolarmente assopito (cioè, inibito o ipoattivato) durante il sonno con sogni. La "scena d'azione" dell'attività cognitiva si sposta, quindi, alla parte posteriore del cervello, dove compare l'attivazione dei lobi occipitale, temporale e parietale. Tutto ciò comporta un'esperienza vissuta in tutti i suoi aspetti cognitivi e di percezione di immagini visive, un'esperienza che, per altro, differisce dal pensiero della veglia, nel senso che è libera dall'inibizione frontale. Senza l'attività dei lobi frontali, responsabili della programmazione, della regolazione e della verifica della nostra attività cognitiva, le nostre emozioni, le nostre percezioni e la nostra esperienza soggettiva in genere diverrebbero bizzarre, deliranti e allucinate.

Nei nostri sogni, il baricentro dei processi cognitivi motivati si sposta pertanto dai nostri sistemi d'azione finalizzati a una meta, dirigendosi verso i sistemi percettivi e, in particolare, verso l'analisi percettiva visivo-spaziale. L'anatomia funzionale dei sogni è, perciò, quasi coincidente con quella propria della psicosi schizofrenica, come anche gli studi di visualizzazione funzionale hanno messo in evidenza. La differenza più sostanziale consiste nel fatto che, mentre nella schizofrenia è principalmente la componente audioverbale dei sistemi percettivi a essere attivata, nei sogni lo è la componente visivo-spaziale. La natura di questa differenza di base è ancora ignota.” (pp. 239-241)

“In conclusione, le neuroscienze di oggi sono arrivate a comprendere molto sulla natura biologica dei sogni, in particolare sulle regioni cerebrali e sui processi psicologici a essi sottesi, che sembrano così centrali nello stato onirico. Questa conoscenza è grosso modo compatibile con la teoria psicoanalitica di Freud sui sogni, anche se sarebbe azzardato concludere che questa teoria è stata provata in modo diretto. I meccanismi neurali dei sogni sembrano sovrapporsi, per molti importanti aspetti, ai processi neurali di certe caratteristiche cruciali della psicosi, e in particolare dei suoi sintomi positivi, quali le allucinazioni. Ciò conferma un'intuizione a lungo sostenuta da Freud (e da molti altri), secondo cui la spiegazione dei sogni può fornire la chiave per la spiegazione della malattia mentale in genere. I sogni, di fatto, hanno tutte le caratteristiche per essere definiti, a ragione, "la follia dell'uomo normale".” (p. 244)